Tecniche e problemi della fusione cranio-vertebrale per l’instabilità cranio-cervicale. Riassunto della relazione del Dott. Arnold Menezes

Nei giorni 23-26 luglio 2008 si è svolto ad Arlington (VA) il 20° Congresso annuale di ASAP, al quale hanno partecipato con relazioni scientifiche i maggiori specialisti USA nel trattamento di AC1, SM e patologie correlate.
Il dott. John Orò, Medical Director del The Neurosurgery Center of Colorado, membro del Medical Advisory Board di ASAP, che ha partecipato al Congresso, ha anticipato sul sito Chiari Times il sunto di alcune fra le più interessanti relazioni sugli argomenti di maggiore attualità. Le relazioni complete saranno disponibili non appena pubblicate da ASAP.

Traduzione a cura di AISMAC. Pubblicazione autorizzata.

Il Dott. Arnold Menezes è Professore e Vice Presidente del Dipartimento di Neurochirurgia
Università dello IOWA.


Il dott. Menezes, massima autorità mondiale sulle malformazioni della base cranica, ha dibattuto sulla necessità della fusione cranio-vertebrale in pazienti con AC1 e complesse anomalie alla base del cranio.
Menezes ritiene che solo “una piccolissima percentuale” di pazienti necessiti della fusione cranio-occipitale. Ha riportato i casi di pazienti trattati per AC1 e anomalie alla base del cranio negli ultimi 10 anni. L’età dei pazienti esaminati va da 30 mesi a 86 anni, con 1/3 al di sotto dei 16 anni.
Una MRI con flessione/estensione cervicale, introdotta dal dott. Menezes, o una trazione cervicale in pazienti con vertical settling sono state utilizzate per determinare se la deformità era riducibile. La deformità alla base del cranio era riducibile nel 25% dei casi.

Di questi pazienti, il 44% aveva avuto precedenti decompressioni della fossa posteriore e
il 15% presentava un’instabilità cervico-occipitale dovuta ai tessuti muscolo-legamentosi  (da patologie come Ehlers-Danlos, sindrome di Down o altro).
Sulla base della sua grande esperienza il dott. Menezes ha fatto le seguenti raccomandazioni. Se la deformità mostra una riduzione nella RMI con flessione/estensione cervicale, la fusione deve essere fatta posteriormente. Se la deformità non migliora con il diverso posizionamento o con la trazione, viene suggerita la sezione transbuccale dell’odontoide seguita, il giorno successivo, dalla fusione posteriore.

Per quanto si riferisce all’intervento di decompressione, il dott. Menezes apre sempre la dura nei pazienti con siringomielia (Nota del dott. Orò: condivide questa posizione).
Suggerisce che la fusione deve interessare il minor numero possibile di vertebre, anche se una fusione più “lunga” può essere necessaria in pazienti con EDS.

Le fusioni possono essere effettuate con protesi metalliche o con innesto d’osso.
Menezes non effettua questo intervento con protesi metalliche su bambini con meno di 8 anni, per permettere la crescita normale delle ossa in quest’area.
Anche nel caso delle protesi metalliche, è necessario l’innesto osseo dato che il metallo può non tenere nel tempo.