Farsi aiutare

Una diagnosi di malattia rara non è facile né per il paziente né per i suoi familiari. A volte si reagisce con un’iperprotezione del paziente da parte della famiglia che può portare all’isolamento; a volte si reagisce con rabbia, a volte con un rifiuto, a volte con rassegnazione. E questo accade non solo nei casi più gravi, ma anche nel caso di pazienti asintomatici o con pochi sintomi, che tendono a non fidarsi dei medici che li rassicurano: in ogni caso la “rarità” fa paura, perché non si sa a che cosa si va incontro.
I medici con cui siamo in contatto ci dicono che i pazienti di Chiari e siringomielia hanno un livello di ansia rispetto alle patologie decisamente più elevato di altri pazienti affetti da patologie neurologiche ben più gravi! Benché questo sia spiegabile con la natura della sintomatologia, con la poca conoscenza delle patologie nell’ambito della classe medica e con la diffusione di voci contraddittorie sulla possibilità di successo degli interventi chirurgici, non ha una ragione d’essere oggettiva, soprattutto quando il paziente è diagnosticato per tempo, quando si affida alle mani di buoni medici e può essere curato efficacemente.

Queste ansie coinvolgono spesso l’intera famiglia, sconvolgendo gli equilibri preesistenti e scatenando dinamiche negative.

Se poi la patologia diventa realmente invalidante, può mettere a dura prova la resistenza psicologica di genitori, coniugi, figli.

In tutti questi casi, la vicinanza di uno psicologo può essere preziosa:

  • per imparare ad accettare la malattia e ad affrontarla razionalmente con l’aiuto dei medici, delle associazioni, degli altri pazienti
  • per imparare a vivere con la malattia, trovando dei nuovi equilibri a livello personale e familiare
  • per imparare a non sentirsi diversi, ma persone degne di vivere una vita piena con gli stessi diritti delle persone “normali”
  • per imparare a non rassegnarsi, a cercare delle soluzioni, a chiedere aiuto, a trovare delle ragioni nuove nella propria esistenza.

Per tutti questi motivi consigliamo spesso ai pazienti e, ancora più spesso, ai loro familiari, di servirsi di un supporto psicologico, rivolgendosi a un professionista con cui poter instaurare un rapporto di fiducia e di empatia.

Ricordiamo che non è sempre necessario rivolgersi a un servizio a pagamento: in tutte le principali città esistono servizi pubblici gestiti dalle ASL o consultori familiari.

 

Ultimo aggiornamento: maggio 2016